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Blueprint

Il CONCEPT: Una visione evolutiva

Disponendo di una struttura museale, una serie di ambienti costruiti ex novo, che ci sono stati appositamente assegnati, e dei quali ci sono state messe a disposizione le planimetrie, abbiamo la possibilità di costruire questa esperienza a partire dallo spazio che questa dovrà occupare.

Il concept prevede la creazione di un ambiente, una sorta di corridoio, che permetta ai visitatori di seguire la vita di un corpo celeste, un percorso interattivo che riproponga la storia dello spazio così come lo conosciamo.

Ogni utente o gruppo di utenti avrà un bracciale che comunica con un sistema di sensori integrati nell’ambiente, tracciandone la posizione.

Sui lati i visitatori potranno visualizzare un corpo celeste, (scelto in precedenza) un pianeta, una stella, una cometa, che si evolverà nel tempo e nello spazio, fino a cambiare la sua natura così come accade nella realtà, dove, alla fine della sua esistenza, diventa, a seconda delle condizioni relative, una supernova, una pulsar, un buco nero o una quasar (fenomeni di grande interesse scientifico). Ciò avviene grazie ad una serie di proiettori disposti dietro una parete semitrasparente, che creano le immagini. Questa sorta di percorso a più vie vede quindi il movimento dell’utente come il moto dell’astro, ed offre informazioni relative alle sue caratteristiche in “tempo reale”, oltre alla possibilità di fermarsi per usufruire di quest’ultime in maniera interattiva.

Queste informazioni possono essere di carattere tecnico, ma devono anche poter essere comprese da tutti, bambini inclusi. Si è dunque deciso di offrire grandezze conosciute come termine di paragone.

Questa sorta di corridoio, che sarà in penombra e verrà illuminato esclusivamente dalla luce delle proiezioni, sfocia in uno spazio aperto che offrirà contenuti specifici su supporti espositivi pensati ad hoc per ogni attrazione. Ognuno di essi offrirà un tipo di interazione di natura ludica, e si baserà sulle singole ricerche da noi effettuate. Queste riguarderanno:

I buchi neri;

Il big bang;

La pulsar;

Le galassie;

Gli asteroidi.

Vogliamo anche sottolineare una possibile attrazione che spieghi il funzionamento dell’ora, intesa come rapporto sole-terra, poiché l’osservatorio sardo è uno degli 11 osservatori italiani che, attraverso il sistema GPS, partecipa alla media di orari che genera l’ora esatta.

Introduzione e concetti di base

Sin dal primo contatto col dott. Possenti è emersa l’esigenza di dover rappresentare un universo fatto di fenomeni complessi, difficili da spiegare, ma sorprendenti  nella loro manifestazione. Lo spazio profondo propone infatti una fisica di grande impatto emotivo e dalle sfumature affascinanti, che opera in circostanze non sempre riproducibili sul nostro pianeta. Ma di questi fenomeni le persone comuni non sanno niente, raramente li hanno visti, in foto o in televisione, e ne hanno una conoscenza superficiale che si limita al sentito dire.

Questo ambiente di sorprese, apparentemente vuoto, offre una certa quantità di eventi che, data la loro grandezza, difficilmente si fanno comandare da chi li studia, ma si fanno osservare volentieri, concedendo a pochi la possibilità di comprenderli.

Noi vogliamo rappresentarli così come appaiono agli studiosi, attraverso forme, colori e suoni. Ma i fenomeni espressi singolarmente non bastano, perché è nel loro insieme che trovano un senso.

La logica operativa è stata quella di isolare gli avvenimenti più interessanti, e condurre una piccola ricerca su ognuno di essi, confrontando poi le informazioni trovate e cercando di fare luce sui rapporti che si intravedono.

La visione organica proposta dall’universo conosciuto è fatta di regole ferree che guidano ogni corpo celeste durante la traversata di un maxi sistema in costante espansione, per causa dell’avvenimento conosciuto come “Big Bang”. Ed è in questi moti continui a lunghissimo termine, fatti di geometrie di altissimo livello, che il tempo e lo spazio si rapportano, dando vita a storie fatte di personaggi apparentemente inanimati, ma che in realtà hanno qualcosa da dire. E sono proprio queste storie che vogliamo raccontare.

Relazione workshop In-between Season

Durante l’esperienza del workshop tenutosi il mese scorso, ognuno dei gruppi si è trovato ad osservare e in qualche modo analizzare la realtà della città di Alghero, nel periodo di transizione da una stagione estiva all’altra (inbetween  season). A tale scopo è stata organizzata una caccia al tesoro in cui ci è stato chiesto di trovare ciò che valorizza (o svalorizza) Alghero nella stagione invernale tramite: i cibi, i posti, i segni, l’architettura e gli abitanti.

Durante la ricerca abbiamo avuto la conferma che Alghero è una cittadina estiva, e in quanto tale offre gran parte dei suoi servizi e spende gran parte delle sue risorse in quel periodo dell’anno, rimanendo svuotata e quasi spoglia il resto dell’anno. È comunque innegabile il fatto che tutto questo non è completamente negativo, infatti molti degli intervistati hanno definito Alghero come un posto tranquillo e comodo in cui vivere.

Uno dei punti della ricerca e stato quello di “trovare un esempio di comunicazione lasciato da qualcuno in un’altra stagione”. A parer nostro un perfetto esempio era una scritta che inneggia alle vacanze  lasciata in un muro, probabilmente da qualche ragazzo, durante il periodo estivo.

Partendo da questa scritta abbiamo realizzato il concept richiesto durante il secondo e ultimo giorno di workshop.

La consegna richiesta stavolta prevedeva di partire da uno degli aspetti riscontrati durante la caccia al tesoro e cercare di realizzare un concept che in qualche modo valorizzi l’aspetto riscontrato o che ne risolvi un qualche problema.

La nostra idea era quella di una parete interattiva in cui le persone potessero scrivere digitalmente con il solo ausilio delle dita.

Per non limitare l’esperienza alla sola parete abbiamo pensato a dei totem che, sparsi per tutta la città, e all’interno di alcuni locali, renderebbero possibile scrivere a distanza quello che poi comparirà nella parete.

La parete invece nel corso del brainstorming ha subito profondi mutamenti nella forma. Dalla semplice parete si è passati a una struttura sferica che permetta una visione a 360° gradi senza angoli di interruzione. La struttura sarebbe divisa in fasce, nella fascia superiore sono collocati i messaggi e gli eventi promossi dai locali (attraverso l’utilizzo dei totem collocati negli stessi),nella seconda fascia figurano i messaggi scritti dai vari totem, mentre nella fascia inferiore sono visibili e leggibili i messaggi scritti a mano sulla “parete” stessa.

In seguito ad un’analisi più approfondita della struttura abbiamo constatato che la forma sferica della cupola impediva di vedere e leggere i messaggi presenti nella parte superiore. Ai fini di ottimizzare lo spazio disponibile abbiamo modificato ulteriormente la struttura, creando una sorta di  mezza sfera rivolta verso l’alto, la cui parte superiore è disposta in modo tale da creare una determinata pendenza rivolta verso sud, in cui sono posizionati dei pannelli fotovoltaici che alimentano la struttura.

La struttura è collegata ad un computer che salva periodicamente tutto ciò che viene scritto sulla parete, in modo tale che anche quando la parete viene svuotata e ripulita non viene perso niente.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Commento del testo Dourish & Bell

Il testo di Dourish e Bell rappresenta un’ analisi approfondita sul significato di un’infrastruttura, sulle dinamiche non scritte che ne regolano  i rapporti con gli utenti, sulla sua esistenza nello spazio e nella cultura – fisica e non.Se si cerca su Wikipedia, si scopre l’ambiguità del termine, che fa riferimento ad “un insieme di elementi strutturati in maniera tale che, uniti, formino una struttura funzionante per uno scopo ben preciso”.Descritta così, tutto è un’infrastruttura, poiché l’insieme mondo può essere visto in maniera organica, una sorta di piattaforma fisica e di pensiero in cui sottoinsiemi di elementi operano nello spazio e nel tempo interagendo tra loro per dare luogo alla quotidianità, tanto quanto un atomo può essere visto come un insieme di particelle che operano per costruite un microcosmo che ne attragga un altro.Ciononostante gli autori si soffermano su quel tipo di infrastruttura che, contando su applicazioni tecnologiche sempre più definite e concrete, e sempre meno visibili, agevolano lo stare in un ambiente, amplificando la sensazione di potersi sentire “servito” da una dimensione aggiuntiva che arricchisca l’ambiente stesso di conoscenza e possibilità.A pensarci bene il problema di continuità, sotto questa luce, forse non sussiste nemmeno: come può una singola infrastruttura essere continua, quantomeno nella sua logica, se questa mira al soddisfacimento di uno scopo ben preciso, ma gli scopi sono infiniti e mutevoli? è più facile vedere la complessità del mondo rappresentata da singole isole di lavoro che operano indipendentemente, ma che sono fatte di persone, e queste persone agendo assicurano, volenti o nolenti, la continuità del bisogno – e l’infrastruttura col bisogno ci va a nozze -.Non crediamo che l’inserimento nel mondo, anche se efficientissima, di una qualsiasi infrastruttura possa realmente divenire universale o continuo nel senso stretto del termine. Per natura farà parte di un sistema e culturale, e fisico, che paleserà prima o poi un limite.

Come accennano gli autori sta’ alla duttilità intrinseca dell’uomo il sapersi adattare alle diversità culturali e contestuali. Forse è l’uomo stesso l’infrastruttura per eccellenza?

In parole povere, che sia proprio la diversità di persone, situazioni e luoghi la componente che si ripete in maniera costante ed assicura una forma di continuità al sistema? Certo è che ogni accorgimento, tecnologico o di pensiero, fa da base per natura a ciò che viene dopo.Non si vuole mettere in dubbio l’utilità del pervasing computing, che trova soluzioni concrete a problemi che, decisamente concreti anch’essi, crescono come funghi in una società che accelera continuamente, che va sempre più forte, che genera sempre più bisogni, i quali ogni tanto sono reali, ogni tanto no. La più corretta spiegazione di ubiquitus computing, è probabilmente rappresentata dall’ultima frase del testo:

– “Il pervasive computing è stata, fin dall’inizio, non una proposta sul come dovrebbe essere la tecnologia, ma sul come essa dovrebbe essere vissuta”.

Aggiungere una dimensione significa sicuramente sopperire ad alcune esigenze,ma altre rimarranno tali, nasceranno e verranno meno. Quante dimensioni si possono aggiungere? Quanto può diventare complesso il sistema? Per ora lavoriamo su questa.

Moodboard

La Moodboard descrive il caotico mondo della scienza astronomica, fatta di strumenti tecnologici, dati e fenomeni da spiegare.

Context Panorama

Con il Context Panorama dell’osservatorio astronomico abbiamo analizzato il contesto nel quale il servizio che noi dobbiamo implementare agisce.

Service Image


Service image dell’osservatorio astronomico.

L’ obbiettivo è lavorare all’ interno di uno spazio organico, permettendo l’ interazione tra l’ utente e lo spazio stesso!